giovedì 8 settembre 2011

L'astronoma che parlò con gli alieni

Spunti per la trama di un film di successo: Inghilterra, metà degli anni ’60. Una giovane astronoma (Julia Roberts) lavora con un radio telescopio alle direttive di un affermato professore (Donald Sutherland) che ha poca fiducia in lei e le assegna i compiti più ingrati.
Una sera, analizzando milioni di dati risultanti dalle osservazioni, è attratta da un segnale che quasi scompare nel rumore di fondo e che si  scopre essere stato generato da un tipo di stella mai osservato prima. Un affascinante giornalista (Hugh Grant) trova un nome accattivante per il nuovo oggetto cosmico e lancia la giovane astronoma  nell’universo delle celebrità con una intervista. Sei anni dopo, la giovane astronoma (sempre Julia Roberts, ma con la minigonna e un enorme paio di occhialoni scuri), si trova in Kenya per dirigere il lancio di uno dei primi satelliti artificiali dedicati alla radioastronomia. L’operazione è un successo e non appena il razzo sparisce per infilarsi in orbita terrestre, squilla il telefono. Sono i professori della Reale Accademia svedese (Robin Williams, Dustin Hoffmann, Nicolas Cage  e Marlon Brando in ologramma ricostruito al computer) che le comunicano che la scoperta del nuovo tipo di stella è stato premiato con il Nobel per la Fisica (una statuetta raffigurante Einstein a torso nudo, licenza poetica degli sceneggiatori a uso del volgare pubblico moderno).

Che ci crediate o no le cose sono andate esattamente così anche nella realtà per Jocelyn Bell, se si esclude il piccolo, ma decisivo particolare della telefonata che comunicava la vittoria al Nobel. Quella ricevuta da Jocelyn Bell diceva che il premio non era stato attribuito alla giovane astronoma, ma esclusivamente ad Anthony Hewish, il suo docente. Quei mattacchioni dell’Accademia  svedese, evidentemente,  nel 1974 dovevano trovarsi in difficoltà. Non c’era sottomano un rappresentante politico di un paese con eserciti in mezzo mondo a cui dare il Nobel per la Pace e non si trovava nemmeno una sconosciutissima poetessa lituana per quello alla Letteratura. E così decisero di esercitare il loro personalissimo humor sul premio alla Fisica. E scambiandosi compiaciute pacche sulle spalle decisero di assegnarlo alla scoperta delle pulsar (questo il nome del nuovo tipo di stella), ma di ignorarne la scopritrice. Il Nobel quindi, venne solennemente consegnato nella mani di Anthony Hewish che, come da consolidata tradizione accademica, al momento della premiazione non nominò nemmeno la sua giovane assistente.

La Bell non se la prese a male per la decisione della Reale Accademia Svedese. Di fronte alle polemiche che ne seguirono, si limitò ad osservare che in quegli anni si dava per scontato che la scienza fosse guidata da persone di sesso maschile  e in camice bianco e che lei, in fondo, era solo una studentessa.  Tanto più che nell'anno del Nobel aveva appena avuto un figlio. La ricercatrice si lmitò a realizzare che “i maschi vincono i premi e le giovani donne badano ai bambini”.
Una lezione di understatement che, tuttavia, non rende giustizia alla grandezza del personaggio. La Bell, infatti, era nata nel 1943 in una famiglia non agiata dell’Irlanda del Nord, di rigida fede quacchera. Il padre, contrariamente ai costumi del tempo, si preoccupò di farla studiare e nel 1967, Jocelyn ottenne il dottorato a Cambridge sotto la supervisione di Hewish. Il professore la coinvolse in uno stimolante progetto di ricerca che prevedeva anche il compito di costruire un radio telescopio. La Bell, armata di martello e cacciavite mise insieme 125 miglia di fili e cavi su un area grande come 57 campi da tennis.

Jocelyn fu, infine, incaricata di analizzare i dati prodotti dal radiotelescopio. Centinaia di metri di carta, in cui la giovane ricercatrice fu capace di individuare una traccia che occupava poco più di due centimetri.  Era un segnale pulsante e regolare, come se provenisse da una fonte intelligente. La Bell ed Hewish lo battezzarono, spiritosamente ma non troppo, LGM, acronimo che stava per “little green man”. Non si trattava, però, di omini verdi, ma dei resti di una stella collassata e densissima (si pensi che in una pulsar l’intera massa del Sole è contenuta in una sfera del diametro di 10 chilometri), in rapidissima rotazione su sé stessa. Per capirci: se il cielo stellato fosse una cartolina ricordo di un luogo di mare, le pulsar sarebbero il faro austero che spazza ritmicamente il paesaggio con la propria luce. Un giornalista richiamato dal clamore della notizia e dal fatto che l’autrice principale della scoperta fosse una giovanissima ricercatrice diede a questa nuova classe di stelle il nome di pulsar, definizione che venne adottata dalla comunità scientifica. 

Dopo quella scoperta e il mancato Nobel, Jocelyn Bell ha ottenuto numerosissime cattedre e riconoscimenti, impegnandosi anche in attività divulgative. È un singolare caso di scienziato credente, poiché occupa una importante posizione nella Comunità dei Quaccheri, ma si esprime in merito con prudenza e riserbo, gli infallibili annunciatori dell’intelligenza: “Fin dall’adolescenza ero alla ricerca di una prova dell'esistenza di Dio e naturalmente non l’ho  trovata.  Gradualmente ho maturato il sospetto che  siamo destinati a non avere prove e ad agire senza di esse, sulla probabilità e, in definitiva, con un  'non so' come pensiero di fondo. Ho preso la decisione consapevole di adottare l'ipotesi che c'è un Dio, di seguirla e vedere cosa succederà. Non ho ancora sentito il bisogno di abbandonare tale ipotesi, ma potrebbe accadere, chi lo sa?”

La scoperta delle pulsar è una delle più importanti di sempre nel campo dell’astrofisica. Comportandosi come un orologio atomico queste stelle possono essere utilizzate come precisissimi cronometri spaziali per misurare, ad esempio, il rallentamento della rotazione terrestre. Esse dimostrano sperimentalmente la relatività generale postulata da Einstein e l’esistenza delle onde gravitazionali. Oltre, ovviamente, al fatto che gli alieni esistono davvero e che parlano con un marcato accento svedese.



Fonti, rimandi, fanatismi ed ispirazioni:

La pagina di Wikipedia dedicata alla Bell: http://it.wikipedia.org/wiki/Jocelyn_Bell
Un'intervista della BBC su scienza e religione http://www.bbc.co.uk/religion/programmes/belief/scripts/jocelyn_bell_burnell.html
La pagine nell'enciclopedia delle donne: http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=121

Seconda stella a destra. Vite semiserie di astronomi illustri di Amedeo Balbi Ed. De Agostini